Salvato da sua madre Rea, Zeus evita il triste destino di essere divorato dal padre Crono e con l’aiuto dei Ciclopi addirittura lo spodesta. Poi s’innamora di sua figlia Persefone, che fugge e si nasconde in una grotta. Ma questo ineffabile padre padrone, inguaribile donnaiolo, si tramuta in serpente, la raggiunge e, implacabile, la feconda. La fanciulla partorisce, così, due gemelli: Zagreo e Bacco.
Allievo del centauro Chirone, Bacco apprende da costui l’arte del canto e della danza e viene iniziato ai riti bacchici. La sua matrigna, Giunone, è costretta a riconoscerlo come figlio di Zeus ma lo punisce con la pazzia. Inizia così il suo vagare, in compagnia di Sileno, di satiri e di baccanti, fra Egitto e India.
Entra in conflitto con numerosi avversari, tra cui il re di Damasco. Lo sconfigge e lo scortica vivo, ottenendo, così, l’immortalità. Sbaraglia poi le Amazzoni e sbarca in Tracia, dove si scontra col re Licurgo che gli imprigiona tutti i seguaci. Lui riesce a fuggire, non senza aver inviato al suo nemico una terribile siccità e avendo cura di regalargli la pazzia assassina per effetto della quale costui uccide il proprio figlio a colpi d’ascia, avendolo scambiato per un tronco d’albero.
Sottomessa la Tracia, Bacco passa in Beozia e da qui su alcune isole dell’Egeo, dove noleggia una nave e con essa raggiunge l’isola di Nasso. Vi incontra Arianna, abbandonata e “piantata in Nasso” da Teseo e la sposa. Riprende, poi, il mare e sbarca ad Argo dove Perseo gli erige un tempio, che gli consente l’ingresso nell’Olimpo come dio del vino.
Nel corso di una di queste sue vere e proprie crociere lungo le coste del Mediterraneo nota l’insenatura del Fiordo. Vi entra in compagnia delle sue adorate sacerdotesse, le Menadi e ne resta incantato. Preso da una grande curiosità, si arrampica sulle balze collinari della Terra Furoris e vi pianta tutte le barbatelle di Aglianico che si era portate con sé, Grazie a questa suo prezioso dono, su questa rupe scoscesa germoglia, così, la vite a formare il vigneto più panoramico d’Italia. Tornate sulla spiaggia, le accompagnatrici di Bacco vengono colte da irrefrenabile raptus erotico-sessuale e iniziano a dare sfogo alla loro folle frenesia. Ricoperte di una pelle di volpe, impugnano un bastone coronato di edera e, assieme a Satiri e Sileni, danno inizio alla celebrazione della festa di Bacco. Le invasate, eccitate dal suono assordante dei cembali e dei flauti, cantano, suonano e ballano sfrenatamente. Tengono in braccio un cerbiatto che, giunte alla massima frenesia, squartano e mangiano, convinte di stare incorporandosi in tal modo Bacco. Possedute dal loro dio, compiono prodigi e prevedono il futuro. Poi alcune di esse, stracque, si addormentano in riva al mare. Solo al loro risveglio si accorgono che Bacco è partito e le ha abbandonate lì. Grande è lo sconforto. Pianti, grida, lamenti disperati riecheggiano nella notte. La furia delle Menadi finisce per contraddistinguere questi luoghi. Nasce così la denominazione di Terra Furoris ovvero Terra del Furore: FURia d’amORE. Le stesse Menadi sono passate dal culto dionisiaco a quello di Diana. Da qui “dianare” e, quindi, “janare”, queste donne metà ninfe e metà fate sono le stesse che tentano invano di conquistare Ulisse, di passaggio nel nostro mare nel tornare a Itaca. Sirene maliarde, continuano a popolare le nostre terre. A notte fonda, abbandonano il talamo nuziale e si recano sulla spiaggia per celebrare i loro riti sotto il noce del Fiordo prima e di Benevento poi. Senza trascurare l’immancabile raid di mezzanotte sulle coste del Cilento.
A questo punto tutto torna, tutto si spiega o quasi. Resta il mito, permane il mistero. Ed è l’aspetto che più contribuisce a rendere irresistibile il richiamo di questi luoghi.
