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Un Viviani inedito per Furoreracconta la gioia nella sua poesia

Quando il poeta napoletano soggiornò da Bacco dal padre del sindaco Ferraioli

02-Luglio-2015

La poesia inedita di Raffaele Viviani P’Agerola saglienno d’ ‘a Custiera, ‘infilata ‘int’ ‘a Balilla, dolce Amore, te porto ‘na dummeneca a Furore.

Paisiello ‘e monte, appiso ‘ncopp’ ‘o mare,llà ‘nce sta Bacco, ‘nu guappo trattore, ‘na loggia scicca, ch’è ‘nu belvederee ‘o proprietario, ‘n ommo tutt’ ‘e core.Affabile, aggarbato e cu’ manera,pronto a te fa’ accoglienza, accussì caro,bussa cchiù all’amicizia che a’ denari,ca si ‘o canusce pruove gran piacere!

 

‘Na tavulata sott’ ‘o pergulato,‘na cumitiva ‘e curazzune allere,brinneso alla salute, via ‘e pensiere!Cu’ ‘o vino cchiù prezioso e prelibato,fritture ‘e pesce fresco, ‘e calamare,‘nu piatto ‘e vermicielle ca par’ oro,e, pe’ tramente, magne e guarde ‘o mare.‘Ncopp’ ‘a ‘na fisarmonica sfiatata‘nu viecchio ancora arzillo e pazzariellote sona ‘O sole mio, Marenariello, Fenesta vascia, e Dove sta Zazà.

 

Po’ sazio e suddisfatto vide ‘a Bacco,cu’ ‘a cuppulella ‘n capa e ‘a pippa ‘n moccao pullovero, e mmane dint’ ‘a sacca…Don Rafè, ‘chistu cunto v’ ‘o pagh’io,‘o vvulite sape’: «Site ‘nu Ddio!»

e dei viaggiatori, s’incrementò pure il numero di ospiti che l’intraprendente albergatore riceveva e, intorno all’albergo, cominciò pian piano a prendere forma, quasi a coagulare, un piccolo abitato. Ci voleva un po’ di fantasia per considerare quel pugno di case un «paese», ma all’ospite che in una torrida sera d’agosto del 1940 capitò al ristorante con camere di Ferraioli, la fantasia non mancava di certo. Era un ospite molto speciale, infatti, quello appena sceso dalla carrozza: Raffaele Viviani (all’anagrafe Viviano, Castellammare di Stabia 1888 – Napoli 1950), il grande commediografo, poeta, scrittore, compositore, umorista, che nella sua geniale poliedricità sapeva rivelarsi anche un uomo generoso, vicino alla gente più semplice, il suo vero pubblico, quello del quale amava di più conquistare l’applauso.

Il soggiorno

Viviani apprezzò fino in fondo l’ospitalità ricevuta da quell’oste, la sua dedizione sincera, ma priva di mellifluità, che esprimeva così bene il carattere del mondo contadino di una volta. Cenò nella trattoria gustando il panorama senza eguali sul mare di Ulisse, e poi dormì nella locanda, aiutato dal vino generoso che gli era stato servito. Al mattino si lavò con l’«acqua semicorrente» che il proprietario s’era inventato, e dovette rimanere così colpito dall’atmosfera vagamente irreale che si avvertiva in quel luogo, che in fondo era un non-luogo, da sentire il bisogno di rendere al suo ospite un ringraziamento speciale. Così, al momento di congedarsi, quando l’oste gli porse un registro e lo invitò ad apporvi la sua firma, quasi sentendo il bisogno di certificare che quel viaggiatore esisteva e che si era fermato davvero alla sua locanda, gli venne l’idea: no, una firma non bastava. Era troppo poco per celebrare quelle ore serene, di ristoro e di riposo, e, sotto la firma, invadendo l’intera pagina del registro, Viviano scrisse di getto alcuni versi.

In famiglia

La passione per la propria terra, per le tradizioni che hanno scandito e reso forte la nostra identità, si trasmette attraverso le generazioni. E così è stato nel caso di Raffaele, che ha tramandato quel registro degli ospiti della prima metà del ‘900 a suo nipote, Raffaele Ferraioli junior. Un destino lega Furore a questo cognome: perché Raffaele junior, sindaco di Furore, personaggio semileggendario della Costiera, è l’uomo che in realtà quel paese letteralmente l’ha inventato, anche se lui stesso ama definirlo il «paese che non c’è»: perché in fondo, un po’, Furore – e fu la grande intuizione del drammaturgo stabiese – è come l’isola di Peter Pan, e per vederlo davvero un po’ bisogna anche saperlo immaginare. Così, quando con la semplicità di un sorriso, dopo avermi raccontato questa storia, il sindaco Ferraioli mi ha aperto sotto gli occhi il vecchio registro degli ospiti della trattoria «Bacco» di suo nonno, mostrandomi il prezioso inedito di Raffaele Viviani affinché lo divulgassi, la magia di Furore, «il paese che non c’è» ci ha catturati tutti. L’occhio m’è caduto sulla dedica: Furore agosto 1940. Al carissimo don Raffaele Ferraioli, magnificentissimo e ospitalissimo ristoratore, degno dei fasti di Lucullo, con simpatia, Raffaele Viviani . Cominciava un periodo duro per Viviani, che di lì a dieci anni sarebbe morto, e per Napoli. L’epoca dei sogni era finita, e su di loro incombevano la censura del regime e la pioggia di bombe di cento incursioni aeree. Ma per un istante noi siamo scivolati fuori del tempo, ed è sembrato che Viviani quei versi li avesse appena scritti. È la magia della poesia. È la magia di Furore. È la magia di tutto ciò che possiamo vedere soltanto chiudendo gli occhi, e aprendo il cuore.

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