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Furore: da Bacco il paese c’è, si vede e si degusta

09-Dicembre-2015

Mancavo a Furore dal 10 luglio 2005, quando, in occasione del mio primo anniversario di matrimonio, ritornai per una cena al “Furore Inn Resort”, lo scenario dei festeggiamenti.

Da quel giorno, sono passati dieci anni e non vi sono più ritornata. Il motivo? Un pizzico di pigrizia aggiunto ai ritmi frenetici a cui ognuno è sottoposto.

Non posso accampare scuse, se a ciò aggiungo che per tutto l’anno scolastico scorso, come quello attuale, sono diventata agerolese d’adozione. Quante occasioni avrò avuto in questi mesi per trovare cinque minuti e raggiungere uno dei posti a me più cari!

Ma ho sempre evitato, non essendoci un motivo ufficiale che mi “costringesse” a ritornare a Furore. Certo cercavo di rimandare anche la malinconia perché oggi il “Furore Inn Resort” esiste solo strutturalmente, ma non è più attivo in attesa di una serie di evoluzione burocratiche.

Nell’ultimo periodo, infatti, ho più volte incontrato in diverse manifestazioni enogastronomiche il poliedrico sindaco Raffaele Ferraioli che in cinquant’anni, con una serie di formidabili intuizioni, ha trasformato Furore nel centro del mondo. Ogni volta ho sempre rivolto lo stesso interrogativo al primo cittadino, che a me sembra più che altro un principe rinascimentale: “Allora, il Furore Inn?”. La risposta non si è mai fatta attendere e col suo ottimismo ha sempre cercato di rincuorarmi.

“Il paese che non c’è”, “il paese dipinto”: chi non ricorda le definizioni con cui il comune costiero è ormai conosciuto in tutto il mondo?

Grazie ad Angela Merolla, un’amica conosciuta da poco, foodblogger come me, il 13 dicembre scorso, ho superato la mia pigrizia. Così sono ritornata a Furore, all’Hostaria Bacco, per un pranzo a sei mani, i cui protagonisti sono stati: Erminia e Pietro Cuomo, chef residenti, rispettivamente moglie e nipote del primo cittadino e il mio amico, ambasciatore delle tradizioni dell’ex Terra di Lavoro, Nino Cannavale, presidente dell’Associazione Cuochi Normanni a cui va il merito tra l’altro di aver ideato la “Dolce Bufala”, un gioiello campano che se non si assaggia non può essere compreso pienamente.

Una splendida domenica autunnale si è trasformata in un momento irripetibile. Questa volta al mio seguito, oltre Francesco, mio marito, c’erano anche Vincenzo e Caterina, che hanno arricchito la nostra famiglia.

È inutile specificare che, appena arrivata, il primo pensiero è stato raggiungere via dell’Amore per rivedere da vicino la chiesa di S. Elia e l’ex struttura ricettiva.

Ne ho approfittato, inoltre, per raggiungere la balconata furitana,

inaugurata circa un anno fa, teatro di numerosi eventi, nello spazio antistante la chiesa di S. Maria della Pietà dove ci sono anche il cimitero prenapoleonico, l’oratorio dell’Immacolata e l’emporio delle eccellenze.

Il mio orgoglio di paganese si è poi acuito quando, varcata l’entrata della chiesa, per guardare le opere dei diversi artisti campani, ho ritrovato quelle del mio preferito: Sasà Sorrentino. C’erano il crocifisso, ciuccigno e il pesce palla.

Giunta l’ora di pranzo, si è inaugurata la seconda tappa della giornata. All’Hostaria di Bacco sono stata testimone di un momento irripetibile, complice la gradevole compagnia di Angela e del marito Raffaele, che mi ha concesso anche le foto per quest’articolo e l’accoglienza di Domenico Ferraioli.

Incantevole il panorama, apprezzato grazie all’aperitivo consumato in terrazza i cui protagonisti sono stati il cocktail Angel, preparato dal barman casertano Isidoro Bokambanza, accompagnato dagli stuzzichini dell’Hostaria, dalle bruschettine all’olio extravergine d’oliva Torretta e dalla bresaola di bufala aversana.

Accomodati in sala, il maestro Davide Sole ha allietato i cuori con i brani della posteggia napoletana.

Ad aprire il pranzo, i moscardini affogati su letto di scarole alla napoletana con fresella di Agerola.

Doppio primo per censire il gemellaggio tra la Costiera Amalfitana e Aversa. Le linguine del Pastificio Arte & Pasta di Boscoreale alla colatura tradizionale di alici di Erminia, seguite dalla lasagna con ragù di bufala aversana dello chef Nino Cannavale.

Eccezionale anche il secondo: la parmigiana di pesce bandiera.

Ad accompagnare l’intera degustazione i vini delle Cantine Marisa Cuomo.

Un capitolo a parte hanno meritato i dolci. Oltre alla “Dolce Bufala”, si sono distinti i tozzetti all’Elisir DiVino, le cicale di Furore e, fuori programma, i panettoni del mastro fornaio di Lettere, Filippo Cascone.

Ottimi i liquori della Distilleria Petrone di Mondragone, Guappa e Limoncello e il Caffè Trucillo degna conclusione di un tour costellato di momenti indimenticabili.

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